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Dichiarazione redditi dei residenti all’estero

Ai fini delle imposte sui redditi sono considerati non residenti coloro che non sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (184 per gli anni bisestili) e, ai sensi del codice civile, non hanno nel territorio dello Stato italiano né il domicilio (sede principale di affari e interessi) né la residenza (dimora abituale). Se manca anche una sola di queste condizioni i contribuenti interessati sono considerati residenti.


I non residenti che hanno prodotto redditi o possiedono beni in Italia sono tenuti a versare le imposte allo Stato italiano, salvo eccezioni previste da eventuali Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate tra lo Stato italiano e quello di residenza.

Tutti i cittadini italiani, ovunque siano nati, che risiedono fuori dal territorio nazionale per più di un anno devono richiedere al proprio Comune la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente (se residenti precedentemente in Italia) e conseguentemente il trasferimento nell’Anagrafe dei residenti all’estero (A.I.R.E.) del Comune italiano di origine o di ultima residenza prima dell’espatrio, entro tre mesi dall’arrivo nel paese estero.

Sono previste alcune eccezioni:
– trasferimento temporaneo, di durata non superiore all’anno;
– dipendenti dello Stato inviati all’estero per motivi di servizio.

Tuttavia, si considerano “residenti”, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.

I cittadini che hanno trasferito la propria residenza in uno dei Paesi indicati in tale elenco, nel caso in cui siano effettivamente residenti dove hanno indicato, devono essere pronti a fornire la prova del reale trasferimento all’estero. Sono tenuti a dimostrare che in Italia non hanno né la dimora abituale né il complesso dei rapporti riguardanti sia gli affari che gli interessi (allargati, oltre che agli aspetti economici, anche a quelli familiari, sociali e morali).

Sarà quindi possibile utilizzare qualsiasi mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa, ad esempio la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare, l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero, lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso paese estero, ovvero l’esercizio di una qualsiasi attività economica con carattere di stabilità.





Il domicilio fiscale in Italia dei non residenti

Il domicilio fiscale è un dato necessario che permette di individuare con certezza l’ufficio dell’amministrazione finanziaria competente a controllare i dati della dichiarazione dei redditi.

In base alle norme fiscali italiane i contribuenti non residenti, ai fini delle imposte sul reddito, hanno il domicilio fiscale nel Comune italiano nel quale hanno prodotto il reddito (o, se l’attività viene svolta in più Comuni, nel Comune in cui hanno prodotto il reddito più elevato).

I cittadini italiani che risiedono all’estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, nonché quelli considerati residenti all’estero, avendo trasferito la residenza in Paesi aventi un regime fiscale privilegiato, hanno invece il domicilio fiscale nel Comune di ultima residenza in Italia.





Il codice fiscale dei non residenti

Il codice fiscale (costituito da un’espressione alfanumerica di 16 caratteri) rappresenta lo strumento di identificazione del cittadino nei rapporti con gli enti e le amministrazioni pubbliche. Per essere valido deve essere registrato negli archivi dell’Anagrafe Tributaria gestiti dall’Agenzia delle Entrate.





Le principali imposte italiane per i non residenti

Le principali imposte che possono riguardare i non residenti sono:

– l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef);

– l’addizionale regionale all’Irpef;

– l’addizionale comunale all’Irpef;

– le imposte sui trasferimenti di proprietà degli immobili (Iva o imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale);

– l’imposta comunale sugli immobili (Ici);

– l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).



I non residenti titolari di redditi imponibili in Italia sono soggetti ai seguenti obblighi fiscali:

– presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini Irpef - ad eccezione dei casi di esonero - e versamento delle relative imposte (saldo per l’anno precedente e acconti per l’anno in corso);

– se possiedono beni immobili, oltre all’Irpef devono pagare l’Ici e, se l’immobile non è concesso in locazione, la tassa sui rifiuti (entrate comunali). La dichiarazione Ici, al contrario di quanto avviene per quella relativa all’Irpef, non si presenta ogni anno, ma solo in caso di variazioni che si sono verificate nel corso dell’anno (ad esempio acquisto di immobili);

– in caso di successione, per i beni immobili siti nel territorio italiano e per i diritti immobiliari c’è l’obbligo di presentazione della relativa dichiarazione. Inoltre, a decorrere dal 3 ottobre 2006 è stata reintrodotta l’imposta sulle successioni e donazioni. Sono dovute inoltre le imposte ipotecaria e catastale nella misura del 2% e dell’1% applicate alla base imponibile determinata secondo le disposizioni relative all’imposta sulle successioni.





Irpef: I redditi tassabili dei non residenti

Ai fini dell’applicazione dell’Irpef nei confronti dei non residenti, si considerano prodotti in Italia e sono quindi soggetti ad imposizione da parte dello Stato italiano - salvo quanto previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni - i redditi che hanno avuto origine nel territorio italiano e derivano da:

• attività di lavoro dipendente;
• attività di lavoro autonomo, d’impresa, eccetera;
• pensioni e assegni assimilati;
• fabbricati e terreni ubicati in Italia;
• redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze).





L' IRPEF; chi deve pagarla e su quale redditi

L’Irpef, imposta sul reddito delle persone fisiche, fonda il suo presupposto sul possesso di redditi in denaro o in natura compresi nelle seguenti sei categorie:

Fondiari Dominicali e agrari dei terreni, dei fabbricati
Capitale Dividendi, Interessi Attivi, Rendite Perpetue
Lavoro Dipendente Prestazioni di lavoro, pensioni, assimilati
Lavoro Autonomo Arti e professioni, autori, amministratori e sindaci di società
Impresa Prestazioni di servizi, imprese non agricole
Diversi Lavoro autonomo occasionale, affitto di terreni per uso non agricolo, plusvalenze, ecc.

Sono obbligate a pagare le imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi tutte le persone fisiche residenti e non residenti e queste ultime esclusivamente per i redditi prodotti nel nostro Paese.

Vale a dire che sono assoggettati all’Irpef i redditi elencati in precedenza e prodotti in Italia o all’estero da parte dei contribuenti residenti in Italia; i non residenti, invece, sono tenuti a pagare l’imposta esclusivamente per i redditi conseguiti in Italia.





Redditi da lavoro dipendente e assimilati

Nel Modello Unico, quadro RC, vanno dichiarati i redditi di lavoro dipendente e assimilati (come le pensioni e i compensi per le collaborazioni coordinate e continuative, ora collaborazioni a progetto) percepiti in Italia da contribuenti residenti all’estero.

In particolare, per quanto riguarda i redditi di lavoro dipendente e assimilati, sono soggetti a imposizione (e quindi all’obbligo di dichiarazione) i redditi:

– percepiti dal residente di uno Stato estero con il quale non è stata stipulata una Convenzione contro le doppie imposizioni;

– percepiti dal residente di uno Stato estero con il quale è stata stipulata una Convenzione contro le doppie imposizioni che prevede la tassazione di tali redditi sia in Italia che nello Stato estero;

– percepiti dal residente di uno Stato estero con il quale è stata stipulata una Convenzione contro le doppie imposizioni che prevede la tassazione di tali redditi solo in Italia.


Nelle prime due ipotesi il contribuente ha diritto, nel proprio Paese di residenza fiscale, al rimborso delle imposte pagate in Italia. Per il trattamento di stipendi e pensioni è quindi necessario consultare le singole Convenzioni che sono reperibili nel sito internet del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze ( https://www.finanze.gov.it ) nella sezione “Fiscalità internazionale”.


Stipendi
Per quanto riguarda gli stipendi pagati da un datore di lavoro privato, in quasi tutte le Convenzioni (ad esempio quelle con Argentina, Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Stati Uniti) è prevista la tassazione esclusiva nel Paese di residenza del percettore quando esistono contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) il lavoratore residente all’estero presta attività in Italia per meno di 183 giorni;
b) le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro residente all’estero;
c) l’onere non è sostenuto da una stabile organizzazione o base fissa che il datore di lavoro ha in Italia.

In tali casi gli stipendi non vanno dichiarati allo Stato italiano.


Pensioni
Sono imponibili comunque in Italia le pensioni corrisposte, a persone non residenti nello Stato italiano, da enti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso. Con alcuni Paesi sono in vigore Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito, in base alle quali le pensioni corrisposte a cittadini non residenti sono tassate in modo diverso a seconda che si tratti di pensioni pubbliche o di pensioni private. Sono pensioni pubbliche quelle pagate dallo Stato italiano, da una sua articolazione politica o amministrativa o da un suo ente locale. In linea generale tali pensioni sono imponibili soltanto in Italia.

Sono pensioni private quelle corrisposte da enti, organismi o istituti previdenziali italiani preposti all’erogazione del trattamento pensionistico (ad esempio l’Inps). In linea generale tali pensioni sono imponibili soltanto nel Paese di residenza del beneficiario.


Borse di studio
Per quanto riguarda le borse di studio è previsto, in genere, dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, che le somme che gli studenti e gli apprendisti percepiscono, allo scopo di provvedere al mantenimento e alla loro istruzione e formazione, non sono imponibili in Italia qualora sussistano entrambe le seguenti condizioni:
– siano percepite da soggetti non residenti, o che erano non residenti immediatamente prima di giungere nel nostro paese, che qui soggiornano al solo scopo di compiere gli studi o completare la propria formazione;
– provengano da fonti estere.


Collaborazioni coordinate e continuative (ora collaborazioni a progetto)
Per quanto riguarda i redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative, ora collaborazioni a progetto, se questi non sono imponibili in Italia sulla base delle disposizioni convenzionali, il sostituto d’imposta italiano può applicare direttamente l’esenzione secondo le normali procedure previste nel caso di agevolazioni convenzionali.

Qualora invece il reddito risulti imponibile in Italia, l’imposizione avviene secondo le disposizioni della normativa nazionale in materia. Pertanto, il sostituto opera una ritenuta a titolo d’imposta sulla parte imponibile del reddito e questo non dovrà essere indicato in dichiarazione.





I Redditi derivanti da attività libero-professionali

I redditi conseguiti svolgendo libere professioni o altre attività di carattere indipendente, esercitate in Italia da una persona residente in uno Stato non legato all’Italia da Convenzione per evitare le doppie imposizioni, si considerano imponibili in Italia e vanno indicati nel quadro RE del Fascicolo 3 del Modello Unico Persone fisiche.

Anche nel caso di residenti in Paesi con cui sia in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni, tali redditi sono in genere imponibili in Italia se l’attività viene svolta abitualmente in una sede fissa - ad esempio, il locale di consultazione di un medico, l’ufficio di un architetto o di un avvocato - per la porzione di reddito attribuibile a tale sede.

Se il residente in uno Stato legato all’Italia da Convenzione per evitare le doppie imposizioni esercita nel nostro Paese una libera professione, senza avvalersi di una sede fissa, l’Amministrazione finanziaria italiana, in genere, non è tenuta a tassare i relativi redditi. I redditi derivanti da attività libero-professionali, imponibili in Italia e percepiti da residenti all’estero, sono sottoposti ad imposizione nel seguente modo:

– se i compensi sono erogati da committenti che sono sostituti d’imposta, subiscono una ritenuta a titolo d’imposta (definitiva) del 30%;

– se i compensi sono erogati da committenti che non sono sostituti d’imposta, devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi da presentare all’Amministrazione finanziaria italiana.





Reddito d’impresa

Sia la legislazione italiana che le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni dispongono che il reddito d’impresa (da indicare nei quadri RF, RG e RD nel fascicolo 3 del Modello Unico Persone fisiche) conseguito nel territorio nazionale da contribuenti non residenti è imponibile in Italia solo nel caso in cui sia attribuibile ad una stabile organizzazione situata in Italia.

L’effettiva esistenza di una stabile organizzazione è definita dalle singole Convenzioni fiscali che, tuttavia, in linea generale, si basano su una definizione accettata a livello internazionale (esistono lievi differenze da un Paese all’altro).

L’espressione “stabile organizzazione” in linea di massima comprende:
– una sede di direzione;
– una succursale;
– un ufficio;
– un’officina;
– un laboratorio;
– un cantiere di costruzione o di montaggio la cui durata sia superiore ai 12 mesi;
– una miniera o un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o un altro luogo di estrazione di risorse naturali.





Le spese deducibili e detraibili (Quadro RP)

Sono previste delle riduzioni di imposta per i contribuenti che hanno sostenuto spese di particolare rilevanza sociale. A seconda dei casi, questi oneri possono essere fatti valere nella dichiarazione in due modi diversi:alcuni sono deducibili dal reddito complessivo e permettono di ridurre il reddito imponibile, quello su cui si calcola l’imposta lorda (vale a dire che non si paga l’Irpef sulla porzione di reddito abbattuta per effetto dell’onere deducibile); altri oneri, i più diffusi, sono detraibili e consentono di detrarre dall’imposta il 19% della spesa sostenuta.


Quali spese per i non residenti in Italia
Le persone che non risiedono in Italia, che sono tenute a pagare l’Irpef, hanno la possibilità di dedurre dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef, oppure detrarre dall’imposta, alcune spese sostenute.


Le spese deducibili
I non residenti in Italia possono dedurre dal reddito complessivo le seguenti spese:

– I contributi liberali in denaro a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa Cattolica Italiana, della Chiesa Evangelica Luterana in Italia e delle Comunità ad essa collegate, della Chiesa Valdese, Unione delle Chiese metodiste Valdesi, dell’Ente morale Assemblee di Dio in Italia, dell’Unione italiana delle Chiese cristiane Avventiste del 7° giorno, dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, nonché delle Comunità ebraiche per i contributi annuali, dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (l’importo deducibile non può eccedere il limite di 1.032,91 euro);

– I contributi liberali versati in favore delle organizzazioni non governative riconosciute idonee dal Ministero degli Affari Esteri ad operare nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo (l’importo deducibile non può eccedere il 2% del reddito complessivo dichiarato);

– I canoni, i livelli, i censi e gli altri oneri gravanti sui redditi degli immobili considerati ai fini della determinazione del reddito complessivo.

– Sono inoltre deducibili i contributi versati ai consorzi (stradali, di bonifica, ecc.) obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione;

– Le indennità corrisposte al conduttore per la perdita dell’avviamento versate agli inquilini per cessata locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo;

– Le somme restituite al soggetto erogatore se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti;

– Le somme che non avrebbero dovuto concorrere a formare redditi di lavoro dipendente e assimilati e che invece sono state tassate;

– Il 50 % delle imposte arretrate.



Le spese detraibili
Ai non residenti spetta inoltre la detrazione d’imposta del 19% degli importi pagati per:

– gli interessi passivi e gli oneri accessori su prestiti e mutui agrari nel limite dei redditi dichiarati per i terreni oggetto del mutuo;

– gli interessi pagati su alcuni mutui e prestiti con riferimento ad immobili situati in Italia. Si ricorda che il diritto alla detrazione per gli interessi passivi pagati in dipendenza di mutui per l’acquisto dell’abitazione principale, viene meno a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’immobile non è più utilizzato come abitazione principale. Pertanto, i contribuenti non residenti che non hanno la dimora principale nell’immobile acquistato, possono fruire della detrazione solo per il periodo d’imposta in cui si è verificato il cambiamento della residenza;

– i contributi liberali in denaro, nel limite del 2% del reddito complessivo, a favore di enti pubblici, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute, che senza scopo di lucro svolgano esclusivamente attività nel settore dello spettacolo per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti oltre che per la produzione nei vari settori dello spettacolo;

– le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori allo scopo costituiti, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che svolgano, senza fini di lucro, attività di studio, di ricerca, di restauro e di documentazione per l’acquisto, la manutenzione e la protezione dei beni culturali vincolati di rilevante valore artistico, nonché, sempre con riferimento ai beni culturali, le attività di documentazione e catalogazione;

– il costo specifico (in mancanza, il valore di mercato) dei beni ceduti a titolo gratuito allo Stato, alle Regioni, agli enti locali, ad enti e istituzioni pubbliche, a comitati organizzatori allo scopo costituiti, a fondazioni e associazioni senza scopo di lucro per lo svolgimento delle attività culturali elencate nell’articolo 15, lettera h, del Testo Unico delle imposte sui redditi;

– i contributi liberali in denaro versati in favore della Società di cultura La Biennale di Venezia (nel limite massimo del 30% del reddito complessivo dichiarato);

– le spese sostenute da coloro che sono obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni culturali vincolati ai sensi della legge n. 1089 del 1° giugno 1939 e del D.P.R. n. 1409 del 30 settembre 1963 (nella misura effettivamente rimasta a carico del contribuente);

– i contributi liberali in denaro, sempre nel limite del 2% del reddito complessivo dichiarato, a favore degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per i quali è prevista la trasformazione in fondazioni di diritto privato ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.



Le regole da rispettare
Le deduzioni dal reddito complessivo e la detrazione d’imposta del 19% competono solo se si realizzano, nell’anno d’imposta interessato, tutti i presupposti stabiliti dalla normativa fiscale vigente:

– la spesa deve essere stata sostenuta nel corso dell’anno per il quale viene presentata la dichiarazione dei redditi, anche se si riferisce ad altri anni (criterio di cassa);

– l’onere deve essere stato effettivamente sostenuto, non è sufficiente che il contribuente abbia assunto l’obbligo di pagare;

– le spese devono essere rimaste effettivamente a carico del contribuente intestatario delle ricevute, fatture o altro documento di spesa;

– le deduzioni e le detrazioni spettano ai contribuenti solo se le spese vengono sostenute nell’interesse proprio.





Come si presenta la dichiarazione

I contribuenti non residenti che hanno la possibilità di presentare la dichiarazione dall’Italia possono consegnare la dichiarazione, agli uffici postali, agli uffici dell’Agenzia delle Entrate e agli intermediari autorizzati (come ad esempio i Caf e i professionisti).

I contribuenti non residenti possono comunque presentare la propria dichiarazione dei redditi dall’estero inviandola per raccomandata o con altro mezzo equivalente dal quale risulti con certezza la data di spedizione.

La dichiarazione deve essere inserita in una normale busta di corrispondenza di dimensioni tali da contenerla senza piegarla. La busta deve essere indirizzata all’ Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Venezia – via Giorgio De Marchi n. 16, 30175 Marghera (VE) - Italia, e deve recare scritto:
– cognome e nome del contribuente
– codice fiscale del contribuente
– la dicitura: “Contiene dichiarazione Modello Unico Persone Fisiche”.


Presentazione in via telematica
La dichiarazione può anche essere presentata direttamente via internet. Infatti, i cittadini italiani residenti all’estero possono richiedere il loro codice Pin, inoltrando una richiesta via web, collegandosi al sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) e selezionando la scritta “Non sei ancora registrato?” del riquadro Servizi telematici


Il modello per la dichiarazione
I non residenti in Italia titolari solo di redditi di immobili e/o redditi di lavoro dipendente o di pensione devono quindi utilizzare il modello base Unico Persone fisiche, che può essere prelevato dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it). Tutti i contribuenti non esonerati devono compilare il modello base per la dichiarazione, che contiene:

– il frontespizio (compreso il riquadro denominato “Residente all’estero”) con i dati identificativi del dichiarante e con quelli relativi alla dichiarazione (tipo di dichiarazione, altro soggetto che sottoscrive la dichiarazione, destinazione dell’8 e del 5 per mille, firma);
– i quadri dei redditi contrassegnati dalla lettera R (RA, RB, RC, RN, RP, RV, RX).

I cittadini italiani che risiedono all’estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica Amministrazione, nonché quelli considerati residenti avendo trasferito la residenza in Paesi aventi un regime fiscale privilegiato, indicati dal D.M. 4 maggio 1999, hanno il domicilio fiscale nel Comune di ultima residenza in Italia. L’indirizzo del domicilio in Italia va indicato solo nel caso in cui sia individuabile un recapito nel Comune di domicilio fiscale.

In caso di residenza all’estero si deve indicare il codice fiscale rilasciato dall’autorità fiscale del Paese di residenza o, in mancanza, un analogo codice identificativo (ad esempio, codice di Sicurezza sociale, codice identificativo generale, ecc).





Quando si presenta la dichiarazione

Le principali scadenze fiscali relative alla presentazione delle dichiarazioni sono le seguenti:

Se la dichiarazione viene presentata dall’Italia:
– entro il 31 luglio se la presentazione viene effettuata in via telematica, direttamente dal contribuente ovvero se viene trasmessa da un intermediario abilitato alla trasmissione dei dati o da un Ufficio dell’Agenzia delle Entrate;

Se la dichiarazione viene presentata dall’estero:
– entro il 31 luglio sia se la dichiarazione venga inviata a mezzo raccomandata sia se venga trasmessa in via telematica tramite il canale Fisconline.





Come e quando si pagano le imposte derivanti dalla dichiarazione

Tutti i versamenti a saldo che risultano dalla dichiarazione, compresi quelli relativi al primo acconto, devono essere eseguiti entro il 16 giugno ovvero entro il 16 luglio con una maggiorazione dello 0,40%.

Non va effettuato alcun versamento se l’importo da versare a saldo per ciascun tributo, al netto della eventuale maggiorazione, non supera 12,00 euro

La modalità più comoda per pagare le imposte dall’estero è quella di effettuare il versamento tramite il servizio telematico internet “F24 on-line”. Per poter beneficiare di questa modalità di pagamento è necessario essere titolari del codice Pin e di un conto corrente presso una delle banche convenzionate con l’Agenzia delle Entrate, il cui elenco aggiornato è disponibile sul sito www.agenziaentrate.gov.it. Non è possibile, invece, effettuare i pagamenti tramite assegni.

Nel caso in cui non fosse possibile effettuare i pagamenti via internet, i contribuenti non residenti hanno comunque la possibilità di versare le imposte presso una qualsiasi banca del luogo, attraverso un bonifico in euro a favore di una banca nazionale con sede in Italia. Nel bonifico si devono indicare le generalità del dichiarante, il codice fiscale, la residenza all’estero, il domicilio in Italia, la causale del versamento e l’anno a cui si riferisce.

Nel bonifico, nello spazio causale, è necessario evidenziare i seguenti dati:
– codice fiscale;
– anno d’imposta cui si riferisce il versamento;
– “Bilancio Stato” capitolo xxxx articolo yy


Dati per bonifico all'estero:

Imposta Capitolo Articolo
IRPEF (Saldo) 1023 13
IRPEF (Acconto) 1023 14
IRES (Saldo) 1024 02
IRES (Acconto) 1024 08