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Licenziamento lavoratrice in maternità

Le lavoratrici non possono essere licenziate a partire dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro per la licenza di maternità, e comunque fino a raggiungere un anno di età del bambino.

Tuttavia, la legge italiana prevede alcune ipotesi esaustive, per cui il divieto di licenziamento è derogabile, ovvero casi:


a. di negligenza grave da parte del lavoratore, costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro;

b. cessazione della società per la quale la dipendente è addetta;

c. di completamento dei servizi per cui è stato assunto il lavoratore o cessazione del rapporto di lavoro per la scadenza;

d. esito negativo del priodo di prova, fermo restando il divieto di discriminazione



Licenziamento del lavoratore padre

E 'importante notare che in caso di utilizzo di congedo di paternità, la legge vieta il licenziamento e si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo parentale e si estende al primo compleanno del bambino il divieto di licenziamento.


Sanzione al datore di lavoro che licenzia lavoratrice madre

Dal momento che, per espressa disposizione di legge il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, il licenziamento intimato nonostante il divieto è affetto da nullità e comporta, anche in assenza di tempestiva richiesta di ripristino del rapporto, e anche se il datore di lavoro non è a conoscenza dello status del lavoratore, il pagamento della retribuzione dopo la data effettiva di cessazione.

Per far valere la nullità del licenziamento intimato dal datore di lavoro, la lavoratrice licenziata durante il periodo di divieto, è tenuta a presentare la certificazione medica al datore che attesti l'esistenza, al momento del licenziamento, delle condizioni che lo vietano.

Inoltre, la produzione di tale certificato medico da parte della lavoratrice è un onere a carico della lavoratrice stessa, anche se il mancato rispetto dell'invio della documentazione medica attestante la gravidanza, che serve puramente a titolo probatorio, non implica comunque la legittimità del recesso, se il datore di lavoro è comunque a conoscenza della gravidanza stessa, dimostrata attraverso presunzioni.

Da una prospettiva diversa, la Corte Suprema è stata in grado di dire che non può costituire giusta causa di licenziamento di gestanti o puerpere, il fatto che al momento dell'assunzione, la lavoratrice non informa il datore di lavoro di essere in una delle situazioni che prevedono il divieto di licenziamento, in quanto tale obbligo di informazione - che, tuttavia, non si può dedurre dai canoni generali di correttezza e buona fede o di altri principi generali sarebbe inefficace per la tutela delle lavoratrici madri, ostacolare la piena attuazione del principio di parità di trattamento, garantito dalla Costituzione e ribadito dalla normativa comunitaria.